Musica Recensione Musicale

The Darkness – Hot Cakes

hotcakes

The Darkness - Hot Cakes

Parte il glam blues di Every Inch Of You e godo. I rocker inglesi The Darkness sono di nuovo in scena, in forma strepitosa, dopo un lustro di silenzio, riabilitazione del cantante Justin Hawkins, delicata operazione alle corde vocali, reintegro in formazione del bassista originario Frankie Poullain e ritorno in pompa magna nel 2011 nei principali festival estivi europei e mondiali. Questo Hot Cakes è il terzo album dei tamarri di Lowestoft, e spacca in modo estremo, come l’esordio Permission To Land (del 2003) e il controverso (per me fantastico) One Way Ticket To Hell …And Back (del 2005).
D’altro canto, Nothin’s Gonna Stop Us suona proprio come una dichiarazione programmatica: in sé, il pezzo è un divertentissimo hard rock, sorprendentemente veloce rispetto ai ritmi abituali a cui i quattro ci hanno abituati, tutto giocato su riff spezzati e coretti da sigla televisiva, che parla di biciclette che sfrecciano nella notte, ma il suo significato può essere inteso ben oltre quello letterale. Justin, Dan, Frankie ed Ed sono ancora con noi, e più forti di prima.
La stupenda With A Woman, altro potentissimo brano, a metà strada tra durezza e ammiccamenti, conferma quello che avevo scritto anche nelle recensioni degli album precedenti: i testi di Justin Hawkins sono pazzeschi, freschissimi, farciti di giochi di parole, assurdi e volgari alle volte, di classe sopraffina altre.
Keep Me Hangin’ On permette di riprendere fiato: mentre apprezzo il falsetto sempre impeccabile di Justin, nonché rime spaziali come «For ya» […] «Euphoria», mi rigiro tra le mani il digipack in edizione limitata, ammirando la spettacolare illustrazione di copertina, nella quale tre fanciulle in bikini dorato sono sdraiate, voluttuose, su gigantesche frittelle annegate nello sciroppo. Anche il logo del gruppo è rivisitato in chiave caramellosa. Il rock classico regna.
Come nei precedenti dischi, e con tempismo perfetto, la quinta traccia è una ballatona. Potrei elencare un sacco di gruppi che mi vengono in mente ascoltando Living Each Day Blind, ma ormai i riferimenti esterni lasciano il tempo che trovano: si può davvero parlare di un The Darkness sound solido e riconoscibile, per cui dirò solo che questo superlentaccio è figlio di Love Is Only A Feeling, dal primo album, e di Seemed Like A Good Idea At The Time, dal secondo.
Per quanto riguarda il singolo apripista Everybody Have A Good Time (coadiuvato da un videoclip sensazionale), Justin ha dichiarato di aver provato a scrivere il più orecchiabile, stupido e immediato pezzo rock di sempre. Potrebbe anche esserci riuscito: il brano è un hard boogie fine ’70/inizio ’80 come non se ne fanno più (appunto), che entra in testa non dico dopo il primo ascolto, ma già durante. Mentre la canzone volge al termine, siamo già in grado di canticchiarla e fare air guitar come si deve.
Un meraviglioso regalo, da amico ad amico, è She Just A Girl, Eddie, dove Justin si rivolge direttamente al suo batterista, Ed Graham, abbattuto dopo una delusione amorosa. Progressione di accordi da urlo, testo dal gusto spiritoso e dal retrogusto malinconico, assolo strappatutto: pezzo da pagina 1 del manuale di come si scrive e si suona una canzone rock. Capolavoro, vince la palma di mio brano preferito dell’album. «Lasciala andare, Eddie, ci sono altri quattro miliardi di ragazze che vorranno far l’amore con te». Splendido.
Anche Forbidden Love si addentra in territori amorosi, proibiti come da titolo, e suona vagamente come una filler track d’annata. Dal vivo non fa saltare la folla al primo accordo, ma si lascia ascoltare molto volentieri.
Esattamente il contrario vale per Concrete, che sin dalle primissime esecuzioni in concerto ha scatenato il delirio nel pubblico. Supermegariffone interrotto, acutazzi da manicomio e, anche qui, versi incredibilmente spassosi, tutti giocati su metafore zoomorfe e naturali. Rock’n’roll allo stato puro.
Decima traccia, Street Spirit (Fade Out). Sì, quella dei Radiohead. La cover è sempre stato un cavallo di battaglia della band, dagli albori di più di dieci anni fa, ed era anche stata registrata in modalità demo, senza però comparire su nessun disco. Questa reincisione rende giustizia al classico di Thom Yorke e compagni, che si sono complimentati per la reinterpretazione darknessiana. Il suono è molto heavy metal prima maniera: chitarre cavalcanti, ritmiche a inseguire. L’episodio più duro del disco.
Molto puttana rock, come piace a me, è invece Love Is Not The Answer, con cui si conclude l’edizione “normale” di Hot Cakes. Un grido/richiesta di amore, le due chitarre dei fratelli Hawkins in evidenza, i quattro quarti secchi, lo stop and go. Yeah.
Ben quattro, le tracce bonus: per prima, I Can’t Believe It’s Not Love (Acoustic Demo). Trovo incomprensibile l’esclusione di questa ballad, chitarre acustiche e bonghi, voce riverberata e coretti zuccherosi, dalla tracklist ufficiale dell’album. Segue Love Is Not The Answer (Acoustic Demo), riproposizione acustica del brano ascoltato in versione elettrica poco prima. Qui è tutto l’opposto: non capisco perché includere il rifacimento, la cui presenza risulta superflua anche nella limited edition. La perla dei contenuti aggiuntivi è Pat Pong Ladies (Demo Mix), una canzone dal testo allucinante. Fedele lettore, vattela ad ascoltare, seguendo le relative lyrics: saranno quattro minuti intensi. La chiusura spetta a Cannonball (Long Version), massiccio rockettone dal giro melodico scontato, ma impreziosito in modo inestimabile dall’ospite Ian Anderson, leader dei leggendari Jethro Tull, che regala alla platea un assolo del suo inconfondibile flauto traverso. Stop.
Ripetersi, anche a distanza di anni, è un poco noioso, ma mi si concederà di farlo. Non so come altro dire il mio entusiasmo per album e gruppo: una bolla spaziotemporale permane, indistruttibile, nel panorama musicale odierno, dove anche il rock, giustamente, cambia, si evolve. Dentro alla bolla ci sono Justin Hawkins, Dan Hawkins, Frankie Poullain ed Ed Graham. Per gli amici, The Darkness. Per i più, possono anche non esistere. Ma per noi, che li amiamo, stanno già là, o almeno hanno un tempio prenotato, nell’Olimpo del Rock.

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McA

Si registra sul Forum di Cremonapalloza in data 01/02/03 senza farlo apposta e senza sapere che quel momento costituirà davvero un nuovo «Via!» della sua vita.
Nel 2006 è tra i fondatori dell’Associazione Cremonapalloza, di cui ricopre da sempre il ruolo di Segretario.
Ama il cinema, il rock e la Cultura in generale.

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