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Intervista ad Andrea Cisi. Are You Experienced?

Le domande degli utenti di Cremonapalloza

Una serie di domande all’autore del libro AYE. Are You Experienced?, uscito in libreria quattro mesi fa, fatte direttamente dagli iscritti al Forum di Cremonapalloza, per capire un po’ cosa passa per la testa di Andrea Cisi.
Già, appunto, cosa passa?

Q – Volevo chiedere al vate se è soddisfatto delle vendite della sua ultima fatica.
Il vate è abbastanza soddisfatto, considerato che il libro è riuscito a sfruttare il treno natalizio, la città ha risposto abbastanza bene, in media, grosso modo, abbiamo mantenuto quello che era stato il probabile venduto del primo lavoro, quel Così, come viene ormai desaparecido (e del quale, anche, non ho stime ufficializzabili, ma questa è una storia alquanto particolare che meriterebbe una vendetta alla Kitano). Vedremo cosa potrà combinare il vate (notoriamente schivo e annoiato) in giro nelle presentazioni “estere” (si parla di Bologna e Milano per cominciare, io spero piuttosto in Peschici e Cavalese).
Q – L’impressione è che sotto Natale il suo libro sia stato uno dei più venduti nel locale punto vendita della Feltrinelli, infatti la colonnina di copie diminuiva a vista d’occhio e successivamente è stata integrata da nuovi rifornimenti. Quali erano le aspettative e le ambizioni di vendita? Sono state soddisfatte o il mercato si è limitato ad amici e conoscenti?
Il “fenomeno biondo” della Feltrinelli ha dichiarato che ho venduto quasi come la Allende, io non ho la più pallida idea di come quantificarla, questa affermazione, però devo riconoscere che sotto Natale è più facile trovare i tuoi acquirenti che ti fermano col sorriso buonista e ti fanno i complimenti, poi magari il libro non l’hanno ancora letto, ma intanto i complimenti te li fanno. È anche un po’ questo il fascino del nostro villaggio. Di riscontri ne ho avuti parecchi, anche da insospettabili, critiche finora poche e spero sempre meno, anche se io stesso reputo il lavoro AYE molto leggero e di poche pretese, semplicemente d’intrattenimento.
Jami – La scelta di scrivere spesso di persone e luoghi conosciuti è stata finora obbligata da esigenze di crearsi una disponibilità di pubblicazione o altri motivi? Ci sarà nel futuro un possibile sbocco verso altre tematiche?
La scelta non c’è stata, il lavoro è stato dapprima vissuto da me e poi messo su carta, è così che si comincia, quando l’esperienza fatta deve bastarti per non spremerti troppo con la fantasia. Le tematiche future dipenderanno solo dalla mia evoluzione come persona, dallo spazio che più avanti conterrà il mio tempo. Su alcuni riferimenti a luoghi e persone hanno giocato molto il mio grado di incazzatura e il mio desiderio di annientamento di certe realtà locali che considero aberranti o inutili, realtà che con i miei mezzi reali non posso colpire. Così magari invece riesco a farci ridere sopra la gente, e magari a farci dare un occhio più attento, meno “abituato”.
Q – O forse non sai rinunciare all’autoreferenzialità? Quanto c’è di Andrea Cisi nelle sue storie? È una scelta o una necessità prendere spunto dalla propria vita?
Ma voi fate le domande come il Gatto e la Volpe, come Stanlio e Ollio, incrociate come i tiri di Shingo Tamai! L’autoreferenzialità è d’obbligo per ora, gli episodi che ho sparato fuori nei due romanzi sono quasi sempre reali, e sono un miliardesimo di quelli che potrei aggiungere ancora. Verrà il momento anche di allargare lo spettro, forse tra un paio di lavori (se ci saranno mai!).
Jami – Quali sono gli scrittori che più hanno influenzato il tuo modo di scrivere, o detta diversamente, ti piacciono di più?
Niente di classico, di colto o di “stracult”. Stefano Benni, Paolo Nori, forse Brizzi ma non ne sono certo. Forse anche, e qui sto per stupirti, Robert Howard, il creatore di Conan il barbaro, in un certo qual modo. Se non altro per la “non tollerabilità” delle lunghe descrizioni, per il bisogno di raccontare subito le vicende dei personaggi. E poi Capossela e le sue canzoni, e gli sceneggiatori de I Simpson.
Q – Perché hai scelto di usare Daniele “Jamiro” Conca come alter ego?
Non l’ho scelto, ho scritto due o tre cosine su Conca che ruotavano intorno al suo modo così estremo di intendere l’allegria e ho notato che si sposavano bene con l’ambiente depresso medio cremonese, così ho deciso di tenerlo, anche per quel soprannome “reale” che lo contraddistingue in ambito basso-calcistico. Poi lui è stato così simpatico da accettare di lasciarsi maltrattare un po’ sulla carta. Ci mancherebbe altro, si è tenuto in lettura i miei Sandman per diciotto mesi! ’Zzo…
McA – Che cosa ti ha spinto/costretto a cambiare nomi non solo di aziende/imprese/negozi/ditte, ma anche di vie e piazze?
A volte l’editore, a volte la ditta stessa minacciando oscure ripercussioni, più spesso la coscienza, trattando di persone con cui ho lavorato sul serio e che continuerò a frequentare.
McA – La famiglia Calestro è la famiglia Caletti (che peraltro forse sono miei parenti alla lontana, ma non hanno mai sganciato, quindi li odio)?
No, però complimenti vivissimi.
Simone – A me la tua scrittura ricorda molto quella di Pennac, soprattutto nei momenti di “confusione” della storia. Assomigliare a un autore contemporaneo e in voga serve ad avere più audience?
Non lo so, non credo, credo serva solo a dire «Vah ’sto pirla, vuol copiare Pennac senza valere nemmeno l’unghia del suo pollicione!» e a farsi dei nemici. Però non credo di somigliare nemmeno tanto a Pennac, anche se ormai riuscire a essere completamente originali è davvero improbabile.
McA – Che ruolo ha il rock’n’roll nella tua scrittura/vita?
Ruolo determinante, tra l’altro non solo il rock e non certo nella versione roll. Più importante nella vita che nella scrittura, a livello empatico più che d’insegnamento. Alla fine ho sempre capito la metà di quel che ballavo. Se gli Dei onnipotenti delle arti m’avessero preso da parte quand’ero un bocciuolo, m’avessero chiesto cosa volevo diventare da grande avendone la faccia tosta e il senso di perdizione giusto, avrei risposto: «L’icona rock!». Ma gli Dei non esistono, lo sappiamo. Tranne Chiorri, Alberto Camerini e Springsteen.
McA – Scrivi sotto l’effetto di dischi?
Anche, ma si fa sempre più fatica a reperirli, i pusher non son più quelli di una volta e il prezzo è davvero sproporzionato, rischi di comprare un cd per un singolo e di non ascoltarlo mai più perché l’insieme fa cacare, però intanto hai buttato via l’equivalente di venti bicchieri di bianco ai Templari.
McA – Due libri, due dischi, due film che bisogna assolutamente conoscere.
Novecento di Baricco, Il sergente nella neve di Rigoni Stern. Astral Weeks di Van Morrison, Born To Run di Springsteen. Pat Garrett & Billy The Kid di Peckinpah, Quarto potere di Welles. Tra i tanti, ovviamente…

Riguardo l' autore

jami

non c'è spazio a sufficienza per scrivere tutto.

Riguardo l' autore

McA

Si registra sul Forum di Cremonapalloza in data 01/02/03 senza farlo apposta e senza sapere che quel momento costituirà davvero un nuovo «Via!» della sua vita.
Nel 2006 è tra i fondatori dell’Associazione Cremonapalloza, di cui ricopre da sempre il ruolo di Segretario.
Ama il cinema, il rock e la Cultura in generale.

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Q

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