Musica

Su Verona tempesta perché i mods portano l’ombrello

The Who – Live @ Arena di Verona, 11/06/2007

So che sto per assistere a un concerto enorme ma, come sempre, prima non me ne rendo per nulla conto, e sono ancora tranquillissima quando partiamo da Cremona, Cudiel, McA (il mio cugino di shanghue!), Donna Danno (ovvero la bella Carlotta) e io. Il caldo è l’unico grande nemico, ma non fa niente, Cudiel – il nostro mitico condottiero – mette l’aria condizionata e, soprattutto, la colonna sonora inevitabile: la discografia dei leggendari The Who. Sentirla a palla in macchina per me è già un dono e le mie aspettative, eccole, salgono.

Facciamo gli idioti, Cudiel ordina a McA di recitare il titolo per ogni traccia, ma sempre in modo naturale, o comunque cogliendo un buon momento. Mio cugino è buono e quindi esegue e ci fa ghignare. Tra discorsi assurdi e qualche headbanging causato da Canzoni Supreme, Cudiel e McA mi informano che dovrò scrivere questo reportage. Io replico che non sono capace, non sono affatto esperta, sono un essere approssimativo e non guardo i concerti da reporter. Non sono capace. Non sono capace. Non sono capace! Dico che non lo farò (viva la coerenza… Maledetti).
Arriviamo a Verona verso le quattro; dopo un boccone (tranne per me, che sono nauseata dal caldo) e un po’ di ritardo trenitalico ci raggiunge la Kerol da Milano (scusandosi e sottolineando che non era lei a spingere il treno!).
Come Cudiel, McA e Donna Danno sostengono, Verona è una città di destra. Questo implica che si deve girare solo a destra. È così. Forse si allunga un po’, ma nel frattempo ne approfittiamo per ideare un piano perfetto. Ognuno di noi sceglie la canzone che prega che gli Who sfoderino. Se esce quella di uno di noi, gli altri quattro gli fanno bordello attorno. Fine. McA sceglie Anyway, Anyhow, Anywhere, Cudiel Baba O’Riley, Donna Danno Behind Blue Eyes, io Go To The Mirror!, la Kerol Bargain. Attenzione, notare che Behind Blue Eyes è anche il nome del gruppo in cui Donna Danno suona il basso. Nelle Behind Blue Eyes hanno tutte gli occhi azzurri, Donna Danno azzurrissimi.
Arriviamo presto in centro; individuato il bel Colosseo di VeRoma (un po’ di divagazioni surreali non guastano mai nel nostro quintetto), andiamo a riempirci di costoso gelato. Donna Danno è un’amante di questa città e ci guida al fantomatico balcone di Romeo e Giulietta, ovviamente stracolmo di turisti giapponesi e di scritte cuoricinose, perfino su impalcature temporanee o cicche appiccicate!
Andiamo a cercare una birra per ingannare l’attesa, anche se McA non ne ha bisogno, perché passa tutto il tempo rapito al telefono da Gio Vox per preparare logisticamente il concertone dell’Heineken Jammin’ Festival, pochi giorni dopo.
Tutti i nostri biglietti sono per la gradinata non numerata (ovviamente: la più economica!), ma quello della Kerol appartiene a un altro settore, quindi trattiamo con un bagarino per fare uno scambio e stare tutti insieme.
Quando ci affacciamo sull’Arena è un bel colpo. È la prima volta che la vedo. Strano, non arriva a riempirsi del tutto, forse non è stato un sold out. Il pubblico si può disporre solo su una metà; il palco, con tutta la sua struttura, si innalza nell’altra metà. Dentro all’Arena tutto costa molto di più, ma qualcuno passa le birre al popolo (grazie Cudiel e grazie ai ragazzi che avevamo davanti!).
Rispetto alla sfiancante attesa che immaginavo per un concertone così, i tempi sono invece sopportabilissimi, ai nostri eroi non è chiesto nulla di epico (ovviamente erano le prime parole famose).
Ecco il gruppo spalla: i Rose Hill Drive, un bel trio americano che ci scalda con stile, fanno un bell’hard rock classico e tirato, con un terreno blues spessissimo, goduriosissime distorsioni ruvide e gonfie, come rotolanti. La voce di Jacob Sproul emerge dalla giungla sonora perché è alta e delicata, nonostante sia inevitabilmente sporca. Sono belli potenti, ogni strumento ha il suo fortissimo carattere, pur formando un efficace amalgama con gli altri. Io sono dell’umore più desiderabile: serenità che convive con ventralissima tensione. In particolare il basso, ancora di Jacob, è un rapitore senza scrupoli. Infatti mi giro verso Donna Danno e lei mi conferma l’obbligo di adorazione del suddetto. Ormai è amore. Peccato che i maxischermi siano spenti e noi, dalla nostra gradinata, non vediamo i musicisti ben bene. Però capiamo che sono tutti capelloni biondi, alti e magri, fanno headbanging e le loro chiome disegnano onde enormi anche per noi.
McA mi chiede di disegnargli con una biro blu il logo degli Who sul braccio. Obbedisco: terrà la manica della polo arrotolata per tutto il tempo, dicendomi che non si laverà la zona. Lascerà che il tattoo se ne vada da sé. Lo vedranno tutti anche all’Heineken!

Dopo queste smancerie tra rock e cuginanza, arrivano Loro.
Pete Townshend e Roger Daltrey sono gli unici membri originali, ma è come se lì al concerto ci fossero anche gli indimenticati Keith Moon e John Entwistle. Alle tastiere c’è John ‘Rabbit’ Bundrick, al basso Pino Palladino, alla batteria Zak Starkey (figlio di Ringo Starr) e alla chitarra e voce Simon Townshend. Sono tranquillissimi. Sono (ancora) stilosissimi. Roger Daltrey indossa una camicia blu-grigia dentro i suoi sempre classici jeans, ha gli occhialini tondi e piccoli blu scuro, ha la sua bella sciava biondo(-grigia) corta ma formosa. Pete Townshend ha un gilet nero su una camicia bianca un po’ sbottonata, e sul suo buon nasone porta degli occhiali da sole sportivi, poi però li leverà. E adesso cosa faranno‽ I pezzi nuovi di Endless Wire? Forse ce lo stiamo chiedendo in migliaia, e in migliaia esultiamo quando inizia I Can’t Explain! Intanto i maxischermi si sono accesi e vediamo scorrere filmati della metà degli anni ’60, la ribalta dei mods, gli scontri con i rockers, passano scene di risse e articoli di giornale che si chiedono chi siano davvero i mods, ovviamente compaiono i primi Who e il loro intramontabile logo. Io non ho ancora realizzato cosa sta succedendo! Il palco mi sembra lontanissimo, ma il video è un bellissimo supporto.

Da certi concertoni io non mi aspetto di sentire i suoni chissà quanto bene. Il concerto è l’esperienza, è lo show, è l’insieme. L’Arena di Verona, però, è perfetta anche sotto quest’aspetto e si sente benissimo!
Dopo ci fanno The Seeker, poi Substitute! Sono tutti classici e l’Arena se li gode. I video dietro continuano, io mi incanto a vedere fiori coloratissimi e mille altre cose! Vengono proiettati decine di mods in Vespa o con l’ombrello sotto la pioggia e contemporaneamente cade qualche goccia che mi scende sulla schiena. Inaspettatamente, entra da dietro la canottiera e mi prende benissimo. Inizia a tirare il vento, il cielo prende chiazze arancioni e viola per i lampi lontani. Io sono esuberante e Donna Danno anche: è esattamente questo il tempo che voglio per gli Who, voglio proprio l’aria dritta addosso, voglio che quest’acqua, insieme alla musica, stenda un’unione in tutta l’Arena. Mi giro e vedo McA cantare fortissimo, agitando i pugni davanti alla faccia e con la sciava mossissima dal vento, sorrido. Anche Cudiel canta ma non lo vedo bene. Qualche ombrello si apre e do mentalmente dei pazzi a costoro, io resto a prendermi tutto quello che il cielo ci sputa. Siamo a Fragments, che inizia come Baba O’Riley. Poi, fantastico, Who Are You, tutta l’Arena canta!

Romanticheria ed entusiasmo, però, devono calare. Ormai è scoppiata una tempesta, gli Who se ne vanno, i tecnici coprono tutto con la plastica, moriamo dal freddo, ci bagniamo tantissimo, tutta l’Arena diventa un branco che invoca ossessivamente il gruppo: «Who! Who! Who! Who!». Niente. Sarà un’ora abbondante di sospensione e di LSS (Last Song Syndrome, © McA & Cudiel): non finiamo di ripetere il ritornello di Who Are You… Noi abbiamo due ombrelli, ma l’acqua arriva da tutte le parti, piove quasi orizzontale, le calze degli altri sono inzuppate (le mie no, perché sono una ragazza previdente – ! – e sono munita di super stivali!). Continuano a partire i cori, ma un numero considerevole di persone se ne va e in tanti si infilano nelle entrate, al riparo. Noi siamo stoici. E furbi e fortunati. Tutti i cancelletti che dividevano i settori vengono aperti, quindi noi passiamo dagli spalti alla platea! Dovremo restare in piedi, ma è molto meglio! Siamo finiti nelle prime dieci file, siamo avanzati e scesi di tantissimi metri! Altro che guadagnare la transenna dalla quinta fila!

Dopo questa genialata, però, non sappiamo ancora se gli Who usciranno. Il palco è allagatissimo e pieno di tecnici che devono buttare fuori l’acqua. McA e Cudiel sono in tensione. Donna Danno ha freddissimo. Io sono stranamente sospesa, probabilmente anche la Kerol (dato che abbiamo meccanismi cerebrali quasi identici).
Ricominciano i cori. Ecco che spuntano, incredibile! Il pubblico li accoglie felicissimo, noi vediamo pure le loro rughe! Com’è stiloso Roger con quel portamento controllato e un po’ altezzoso, con quei jeans ancora attillatissimi! Pete sembra fin sollevato di essere tornato. Dicono qualcosa, forse si scusano. Parte Behind Blue Eyes, delirio collettivo! Ci voltiamo verso Donna Danno, tutta presa, è la sua canzone! Donna Danno, però, sostiene di portare sfiga. Io non ci credo. Ma lei non fa che rafforzare la sua tesi: mentre stanno ancora suonando questo brano, la pioggia riprende e Roger si interrompe bruscamente. È incazzatissimo, gesticola. Dice qualcosa come:
«Sorry, but my voice has gone».
Sussulto enorme del pubblico, poi lo chiamiamo tutti. Niente. Pete e il translator ci dicono di aspettare ancora una decina di minuti, si scusano. Sembra che Pete sia l’elemento che equilibra l’ira di Roger. Adesso però la pioggia è poca, e la gente è risentita. La ragazza vicino a me non si capacita di come, dopo – come si suol dire – una vita di eccessi, Roger possa fermarsi per dell’acqua. Io sono sempre sospesa. In un certo senso mi fido di Roger e mi dico che avrà le sue buone ragioni. McA ci dirà poi che in questa pausa ha avuto Paura. Il pubblico si sgola. Non ho mai sentito suppliche collettive più geniali. Urliamo a Roger di non preoccuparsi, cantiamo noi, ma venite! Alla fine, vengono! Pete aiuta Roger con la voce, ma va benone, è sempre stato così.

Fanno Let’s See Action (cantata tutta da Pete), poi Eminence Front, degli anni ’80, poi Relay, altro pezzone dei primi, stilosissimo (di quelli che socchiudi gli occhi, allunghi le labbra a mo’ di bacio e corrughi la fronte ondeggiando senza eccesso). Ho la giovinezza che mi esplode dentro quando fanno Magic Bus, mi viene in mente la relativa copertina e vorrei proprio saltare giù da un bus, così. Il mio corpo è troppo piccolo per contenere l’energia. Finalmente ci uccidono: Baba O’Riley! Inconfondibile (se non per Fragments, che però è già passata!), è fatta apposta per tenerci in attesa, con quell’intro strumentale illuminata, finché non ci permette di sfogare tutto nella voce che scoppia improvvisamente, con una classe che io non saprò mai spiegare. Non saprò mai spiegare la musica degli Who. È aliena, per me. Pur essendo tremendamente – ormai – storia. Aaah. Chiaramente cantavamo tutti.
Continuano con dei pezzi storici. Ovviamente ne siamo tutti contenti, quelli sono gli Who più familiari. Dentro di me, però, mi domando sempre con che spirito loro eseguano quelle canzoni. Le sentono ancora tantissimo? O è come un bell’incontro nostalgico? O c’è dietro qualcosa di peggio…? So che non potrò saperlo e che probabilmente è una questione complicata e personalissima per tutti, ma non so che darei per avere la conferma che la scaletta la decidono loro e basta. Poi la paranoia si ferma, non voglio inquinarmi il concerto. Pete è davvero presissimo, ci tiene! Sembra che Roger abbia messo professionalmente da parte gli scazzi e si impegni con la volontà che viene dall’orgoglio, come un leone. A tratti mi chiedo a cosa stia pensando. Mi dico che se anche fosse incazzato nero e avesse voglia di piantarci ancora in asso, mi esalterebbe comunque. Mi dispiacerebbe moltissimo e mi sentirei un po’ abbandonata. Ma i rocker irascibili sono meravigliosi.
Come McA aveva previsto e sperato, Pete ci regala le sue sbracciate volanti sulla chitarra e ogni volta aggiunge un giro.
Durante The Real Me, da Quadrophenia, vengono proiettate immagini di una squadra di manichini tutti uguali e in ordine, tutti bianchi, escluso uno, rosso. Pinball Wizard ci infuoca. The Kids Are Alright e My Generation ci uniscono proprio con lo scotch potentissimo, quello degli scatoloni, quello marrone e largo, dieci giri veloci e violenti e tradizionali attorno al pubblico (anche se detto da una ragazza nata nell’89 sembra assurdo. Sarà che l’adolescenza è trasversale, sarò una nostalgica irrecuperabile, sarò un’amante della musica)! Chiusura col botto: Won’t Get Fooled Again. Forse non sono ancora abbastanza sazia ed esausta, questo concerto ha avuto una tempistica assurda che mutilava le cavalcate, ma va benissimo, siamo contenti. Mentre usciamo dall’Arena vedo Cudiel strano, zitto, è completamente in un altro mondo estatico.
Io, Kerol e Cudiel prendiamo una furiosa maglietta blu scuro con Pete e chitarra volanti e la scritta The Who in stile spudoratamente Sixties. Donna Danno prende la stessa maglietta, però viola. Woah.

Torniamo con Who’s Next che impera in auto. Abbiamo gli abiti fradici. All’andata si parlava dei mods che si facevano asciugare i pantaloni addosso. Ecco. E sono contenta come una bimba che gioca nel fango!
All’autogrill (minuscolo) siamo solo un’orda di belve con la stessa maglietta (che abbiamo già tutti sostituito a quella bagnata!). C’è una videocamera interna che ogni tanto ci mostra in un monitor. Io e il cugino aspettiamo attenti il momento giusto ed eccoci alzare contemporaneamente il braccio con allegati pugno + pollice + indice + mignolo! Che due splendidi idioti!
In auto McA messaggia esaltato con Aldo, dalla Sicilia, rocker conosciuto pochi giorni prima. Ci informa che col cuore pure lui rockeggiava nell’Arena. Consideratelo parte della brigata, quindi.
Giunta a Cremona, scopro che mi hanno fottuto la bici. Fa lo stesso. Faccio una tranquillissima passeggiata notturna, ripensando a tutto quello che è successo, alla potenza degli Who e al loro inspiegabile magnetismo.
Qualcuno ha una bici scassata da vendermi a poco? Non è uno scherzo!

D.E. S.I.C.A.

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